È evidente che la nostra scuola di Krav Maga presenta alcune differenze sostanziali rispetto alla moltitudine di corsi standard che oggi sono largamente diffusi. Balza infatti immediatamente all’occhio che durante i nostri allenamenti svolgiamo specifici esercizi propedeutici che possono sembrare tratti dal programma di preparazione agonistica degli sport da combattimento… ed infatti è proprio così. È usuale, per esempio, che i nostri istruttori e atleti migliori si allenino anche nel ring piuttosto che nella gabbia, con paradenti e guanti. Se si scattasse un’istantanea in tali frangenti parrebbe di assistere alla preparazione agonistica di un atleta in vista di un imminente incontro di pugilato, piuttosto che di Kick Boxing o MMA. Tralasciando che poi alcuni allievi partecipano effettivamente a tali competizioni, la domanda che ad alcuni sorge spontanea è: “Perché in un corso di difesa personale, in cui l’obiettivo dovrebbe essere l’acquisizione delle capacità necessarie per difendersi per strada o comunque in un contesto assolutamente diverso dal ring o dalla gabbia di MMA, si praticano esercizi specifici per il combattimento sportivo?” Approfondiremo di seguito alcuni aspetti fondamentali circa la correlazione tra Krav Maga, Arti Marziali, Sport da combattimento e risponderemo alle relative domande più frequenti.
Partiamo dalla domanda forse più rilevante:
“Perché sostenete che sia vitale praticare esercizi di pugilato e lotta?”
I film di Hollywood hanno deviato la percezione degli spettatori riguardo a che cosa sia fattibile nella realtà e cosa no. Prima i film di Bruce Lee (e, in seguito, di tutti i suoi successori appartenenti al mondo delle arti marziali orientali) hanno ostentato scenari in cui l’artista marziale sconfiggeva una dozzina di avversari contemporaneamente, partendo da una situazione iniziale in cui magari era pure circondato. Poi è arrivata la volta dei film con scene di combattimento corpo a corpo più verosimili e con tecniche tratte dal Krav Maga, in cui però, per rendere la coreografia più avvincente, venivano esasperate le ‘incredibili’ capacità dei protagonisti. Ma, come anticipato, si tratta appunto solo di coreografie. Il problema è che questi film hanno illuso sia i ‘profani’ che, peggio ancora, i praticanti di arti marziali; diffusa è la convinzione che i limiti delle capacità combattive dell’uomo si trovino ben oltre la realtà, oppure che esistano ‘trucchetti’ per vincere facilmente senza avere una grande esperienza (ciò forse è possibile ma, similmente, soltanto contro un avversario che non ha una gran esperienza). Specialmente, l’errore più grave è credere che per ogni situazione esista una soluzione che funzionerà sempre e che tali soluzioni siano applicabili come formule matematiche, cioè pensare che se mi trovo nella situazione ‘A’ applico la tecnica ‘A’, se sono nella condizione ‘B’ applico la tecnica ‘B’, ecc, e che tutto vada sempre liscio. Ciò non è assolutamente così: spesso l’avversario (l’aggressore) ha una reazione inaspettata, soprattutto se non è uno sprovveduto (perché sennò basta un colpo ‘da manuale’ per metterlo al tappeto) ma piuttosto una persona che nel corso del tempo ha acquisito capacità o esperienza (per esempio, essendosi trovato in risse, colluttazioni o aggressioni dove ha potuto sperimentare come sia affrontare uno scontro nella realtà). In quel caso le capacità individuali di combattimento avranno un ruolo predominante nell’aumentare la possibilità di sopraffare il malintenzionato e per questo è di fondamentale importanza strutturare l’allenamento in diverse sezioni, tra le quali non può mancare lo sparring.
“Esistono tecniche semplici che permettono di neutralizzare l’avversario in un secondo, perché spiegate anche tecniche avanzate che presentano un certo grado di difficoltà e richiedono più tempo per essere assimilate?”
Non è che spieghiamo tecniche complicate per complicarci la vita, è che la tecnica da manuale non sempre funzionerà, per le ragioni espresse nel paragrafo precedente, e allora bisogna saper passare alla fase successiva in cui lo scontro assume un carattere più simile a quello della lotta, soprattutto se l’avversario è capace a combattere. È ovvio che, idealmente, la soluzione migliore consiste nel neutralizzare l’aggressore il più velocemente e con il minor sforzo possibile. È auspicabile gestire lo scontro fisico terminandolo prontamente con un rapido colpo diretto al volto, magari con la mano aperta per non farsi male alle nocche, alle falangi o alle ossa metacarpali, oppure mirando ai genitali con un calcio frustato. Ma questi colpi non sempre andranno a segno, a causa della foga dei movimenti e della aleatorietà delle situazioni reali (oltre che, specialmente, delle eventuali capacità combattive dell’aggressore). Di conseguenza, se davvero si vuole essere capaci di difendersi a prescindere da chi sia l’aggressore, bisogna possedere una conoscenza estesa di tutte le tecniche di base di combattimento. Tra l’altro il Krav Maga è un metodo di combattimento sintetizzato dalle principali Arti Marziali, e quindi approfondendo la loro conoscenza sicuramente si acquisirà una maggiore padronanza anche delle tecniche di Krav Maga.
“In che modo può tornare utile, in un corso di Krav Maga, approfondire la conoscenza di tecniche e principi tratti dagli Sport di lotta e fare i round di combattimento nel ring?”
Tornando alle origini del Krav Maga, il fondatore Imre Emerich Lichtenfeld, noto anche come ‘Imi’, era un grande atleta che ottenne risultati eccellenti sia nel ring del pugilato (vinse il titolo di Campione Internazionale di Boxe) che sul tatami della lotta (divenne Campione nazionale di lotta libera in Cecoslovacchia nel settore giovanile). Approfondì inoltre anche le proprie conoscenze delle Arti Marziali quali judo e jujitsu. È proprio facendo tesoro di queste esperienze che è stato poi in grado di sintetizzare il sistema di combattimento Krav Maga (che letteralmente significa ‘corpo a corpo’ o ‘a contatto’) che oggi pratichiamo. È logico, comunque, che se si conosce come tirare un pugno secondo i principi del pugilato si saprà anche tirare un tremendo palm-strike da KO, perché in fondo ciò che conta è il corretto movimento sinergico di tutto il corpo, poco importa se le dita della mano sono chiuse a pugno o aperte. Viceversa, un palm-strike tirato con la sola forza del braccio sarà poco efficace e non arrecherà l’effetto desiderato (e ciò può generare un serio problema). Inoltre, allenarsi facendo round di combattimento, per esempio secondo le regole di Kick Boxing o MMA, accresce le capacità coordinative specifiche dell’atleta, tra cui soprattutto:
- Capacità di coordinazione oculo-muscolare
- Capacità di reazione
- Capacità di trasformazione dei movimenti
Queste abilità sono importantissime in quanto impegnano il cervello in rapide analisi degli stimoli esterni per elaborare adeguate risposte motorie; in un combattimento non si conosce quali siano gli attacchi che l’avversario progetta di sferrare, dunque oltre a possedere buoni riflessi sarà necessario saper riconoscere il tipo di movimento in corso per attuare una corrispondente contro-mossa (schivata, parata, contrattacco, ecc). Senza mai impegnarsi nello sparring queste abilità rimangono invece latenti, e ciò causerà il fallimento del tentativo di difendersi da un aggressore che sferrerà attacchi casuali (pugni, calci, ecc). Questi aspetti sono stati trattati in modo più approfondito in questo Articolo.
Oltre alle motivazioni sopra espresse, come se non bastassero, aggiungiamo che lo sparring è anche un ottimo esercizio sotto stress, in un contesto di pressione sia fisica che psicologica. Ci sono vari metodi per ricreare in palestra uno scenario di adrenalina e sudditanza psicologica (tipico delle reali aggressioni per strada); per simulare l’affanno, secondo voi, è una simulazione maggiormente realistica fare delle flessioni in terra fino allo sfinimento oppure fare un round dove c’è un avversario intenzionato a picchiarti e che ti colpisce e fino allo sfinimento?
“Ha senso applicare la preparazione agonistica di uno sport in un corso di Krav Maga?”
La risposta è semplice e altrettanto logica, infatti maggiori sono le capacità personali acquisite dall’allievo, maggiori saranno le sue possibilità di difendersi e tornare a casa sano e salvo, a seguito di un tentativo di aggressione. L’obiettivo della preparazione agonistica è incrementare le doti atletiche dell’individuo quali la forza, la resistenza, la velocità, ecc, che ovviamente costituiscono un vantaggio non solo durante l’incontro nel ring ma anche nell’ambito della difesa personale; possiamo affermare che esse siano doti generiche che favoriscono l’esecuzione di qualunque movimento e tecnica, incluse quelle di Krav Maga ovviamente. La preparazione agonistica, inoltre, migliora la coordinazione e stimola l’affinarsi dei riflessi, attributi necessari nei casi in cui l’aggressore possiede capacità combattive o in seguito all’applicazione imperfetta di una tecnica, imprevisto da cui inevitabilmente nasce un vero e proprio combattimento in cui non si possono attuare altre tecniche ‘pre-confezionate’, ma piuttosto potranno essere eseguiti alcuni automatismi maturati durante tanta pratica negli allenamenti e nello sparring.
“Nel Krav Maga non esiste la lotta a terra; la lotta a terra è Brazilian Ju Jitsu. Perché fate vedere tecniche di lotta a terra?”
Tanto per cominciare non è assolutamente vero che nel Krav Maga non esistono tecniche di lotta a terra, e chi afferma così tradisce la propria ignoranza in materia; consigliamo a costoro di frequentare urgentemente un corso di aggiornamento specifico per questo argomento. Per quanto riguarda invece il motivo per cui ne pratichiamo tanta la ragione è semplice: se qualcuno riesce a portarci a terra, lottando o peggio ancora colpendoci e/o ferendoci, che cosa faremo poi? Chi pratica Krav Maga sa bene che per la strada non bisogna stare per terra perché in quella posizione si è più vulnerabili, specialmente in un ambiente ostile o affollato, e non ci si riesce a difendere da eventuali altri aggressori che potrebbero sopraggiungere. Ciò però non toglie che un aggressore che invece pratica MMA o lotta o Brazilian Ju Jitsu (discipline al giorno d’oggi ampiamente diffuse) potrebbe essere intenzionato a portare l’avversario per terra, semplicemente perché a lui hanno insegnato a fare così. Di solito, tra l’altro, tra due combattenti il meno bravo a boxare tende a chiudere la distanza per evitare di ricevere troppi pugni (o calci) e continuare piuttosto lo scontro per terra. In tal caso bisogna quindi essere capaci di sopraffarlo per liberarsi dalla sua “trappola” e rialzarsi in piedi il più velocemente possibile. Non si può rimanere avvinghiati e bloccati per due minuti sull’asfalto.
“Come mai insegnate a tirare i calci alti?
Nel Krav Maga viene insegnato ad evitare di tirare i calci alti, principalmente per quattro motivi:
- L’abbigliamento quotidiano, specialmente i cappotti invernali o gli abiti da sera, potrebbero non offrire la comodità e l’agilità necessarie per tirare un calcio alto. I vestiti possono costituire fisicamente un vero e proprio vincolo che limita il range dei movimenti.
- Non tutti possiedono l’elasticità muscolare necessaria per tirare un calcio alto a freddo, senza avere fatto stretching; a dire il vero per la maggior parte delle persone, anche atletiche, eseguire all’improvviso un simile allungamento esplosivo può essere il metodo migliore per procurarsi uno strappo, con le logiche conseguenze (ancor più gravi se capita durante una rissa per strada).
- Inoltre, tirare un calcio alto è un atto che necessita una buona coordinazione motoria specifica per tale movimento, ben più complesso che tirare un pugno, e inoltre genera instabilità perché si rimane appoggiati su una gamba sola. Anche se siamo dotati di un buon equilibrio, coordinazione e padroneggiamo la tecnica, se qualcuno semplicemente ci spinge mentre stiamo tirando un fenomenale high kick… voliamo per terra rovinosamente.
- Infine, un pugno impiega meno tempo (ed energie) ad arrivare al volto rispetto ad un calcio. La distanza tra la testa dell’aggressore e le vostre mani è circa la metà rispetto che ai vostri piedi.
Però gli sport da combattimento quali Kick Boxing o Muay Thai sono largamente diffusi, e per chi pratica queste discipline è normale tirare calci alti, semplicemente perché a loro hanno insegnato così. Nel web, per esempio su YouTube, si possono trovare innumerevoli filmati reali in cui sono stati ripresi KO per strada con calci alti alla testa. Così come nei film polizieschi viene detto in modo retorico che per prendere un criminale bisogna pensare come un criminale, allo stesso modo se si vuole essere capaci di parare un calcio alto bisogna anche saperlo tirare, in modo da poterne riconoscerne il movimento con sufficiente anticipo e non farsi trovare impreparati con la guardia abbassata, pensando che il calcio fosse diretto al busto o alle gambe. Se sappiamo tirare un calcio rovesciato o un 360°, e se ci è già capitato che durante lo sparring in palestra qualcuno provasse a colpirci in tal modo (dopo il riscaldamento e lo stretching, ovviamente), sappiamo riconoscere tale movimento nei casi di necessità, poiché abbiamo sviluppato una buona capacità di reazione complessa grazie a cui possiamo, per esempio, afferrare al volo l’aggressore e sbatterlo per terra, piuttosto che colpirlo direttamente nella schiena mentre ruota il corpo.
“Perchè tirate i pugni con la mano chiusa, a mani nude?”
Quando ci si trova faccia a faccia con l’aggressore, se esso è esattamente di fronte, è necessario colpirlo al volto con la mano aperta (palm strike); diversamente ci si può tagliare le nocche contro i suoi denti (eventualità alquanto probabile) e generare infezioni o la trasmissione di malattie. Abbastanza comune, tra i novelli, è anche la frattura del quarto o quinto osso metacarpale dovuta ad un impatto impreciso. Premesso che colpire con la mano aperta è in generale più prudente, in determinati frangenti è però più conveniente chiudere la mano a pugno: per esempio, se a seguito di una colluttazione ci si trova in posizione diagonale o laterale rispetto all’aggressore allora si può optare tranquillamente per tirare un pugno, che fa sicuramente più male (e provoca uno shock maggiore) e con cui è più facile mettere KO l’avversario. Colpire l’aggressore con un pugno alla mandibola, vicino al mento, da posizione trasversale (se ci si trova di fianco) ne provoca la rottura e KO istantaneo; ciò risulta estremamente utile durante un disarmo.
“Nelle dimostrazioni l’avversario rimane immobile, mentre in realtà potrebbe reagire”
Durante una spiegazione è ovvio che mentre l’istruttore spiega chi interpreta l’aggressore rimanga fermo, perché diversamente non si riuscirebbe a spiegare nel dettaglio e correttamente la tecnica, il che richiede un certo lasso di tempo (e non pochi decimi di secondo), né tantomeno gli allievi apprenderebbero e capirebbero che cosa stia accadendo. Dopodiché ovviamente si può (anzi, si deve) provare ad applicare la tecnica con un avversario sempre meno collaborativo, proporzionalmente al grado di esperienza dell’allievo. Eseguire una tecnica contro un avversario assolutamente non collaborativo può anzi essere un banco di prova per valutare l’efficacia della tecnica stessa, a patto che l’esperienza di chi la esegue sia tale da garantirne una applicazione perfetta in ogni dettaglio.
di Luca Arietti
Istruttore KMT