Cose da sapere sul combattimento - Things you must know about fighting and boxing

Allenarsi nello sparring, indipendentemente dalla disciplina praticata (intesa come Sport da combattimento), presenta sostanziali diversità rispetto ad uno scontro corpo a corpo generato da un delinquente per la strada, con intenzioni più o meno gravi (es: un litigio, un pestaggio da parte di un branco, una rapina a mano armata, un tentativo di omicidio, ecc). Logicamente, però, per difendersi bisogna ‘menar le mani’ e quindi possedere buone abilità tecniche rappresenta le fondamenta per sviluppare un solido metodo di combattimento da applicare anche per la strada, e non solo nel ring.

Nel contesto caotico di uno scontro fisico sviluppatosi improvvisamente, quale potrebbe essere un’aggressione in un luogo pubblico, è inoltre molto importante saper ottenere il massimo rendimento dalla propria coordinazione motoria e recuperare istantaneamente la concentrazione, in relazione al pericolo che si è costretti a fronteggiare. Ciò implica non solo conoscere a memoria una sequenza di movimenti ma anche, soprattutto, possedere sufficienti sensibilità e prontezza di riflessi per neutralizzare una eventuale contro-reazione (e contrattacco) da parte dell’aggressore. Dato che non è per niente facile passare inaspettatamente da una condizione rilassata ad uno stato di massima allerta, è di vitale importanza aver maturato automatismi motori sviluppati facendo tanta pratica nello sparring in palestra. D’altro canto, ciò che gli esseri umani possiedono e possono utilizzare come armi sono braccia e gambe (ok, anche la testa); i pugni sono pugni, i calci sono calci, indipendentemente dalla terminologia con cui vengano chiamati nelle differenti Arti Marziali. Idem per i ribaltamenti, leve articolari, sottomissioni, ecc. Approfondendone la conoscenza è ovvio che si potrà poi utilizzare tali movimenti nell’ambito che più interessa. Non è un caso infatti che il Krav Maga (che al giorno d’oggi è utilizzato come metodo di difesa personale, ma in ambito militare può essere considerato anche come un sistema offensivo, oltre che difensivo) fu fondato da Imre Emerich Lichtenfeld, noto anche come Imi, che era un eccellente atleta ed ex campione sia di pugilato che di lotta libera, e dopo aver studiato anche Judo e Ju Jitsu fu in grado di sintetizzare un sistema di combattimento che di sportivo ha ben poco, anzi assolutamente nulla.
Facciamo un esempio lampante: colpire l’avversario (o l’aggressore) con le mani. I pugni provengono dalla ‘nobile arte Pugilato’ (che è anche il più antico metodo di difesa personale in quanto il più istintivo, e veniva praticato già nell’Antica Grecia); nessuno può mettere in discussione che un pugile possegga le massime capacità di assestare pugni devastanti e ottimi riflessi per schivare quelli sferrati dall’avversario, e questo è il motivo per cui i pugili sono tanto temuti. Di conseguenza, praticando pugilato si acquisirà una maggiore capacità di infliggere un danno con le proprie mani, poco importa poi se il pugno verrà tenuto chiuso oppure aperto, colpendo con il palmo della mano (come insegna la difesa personale), perché ciò che conferisce potenza al colpo è il movimento sinergico di tutto il corpo, la cui coordinazione si perfeziona facendo pugilato. C’è infatti da scommetterci che in un combattimento un pugile possa essere micidiale anche se colpisce con un ‘palm-strike’ a mani nude.

Allenare i movimenti specifici degli Sport da combattimento o delle Arti Marziali genera anche un frutto concomitante importantissimo: favorisce lo sviluppo delle capacità coordinative dell’allievo.
Le capacità coordinative posso essere suddivise in primis in due famiglie: esistono capacità coordinative generali e capacità coordinative specifiche.
Le prime consentono l’apprendimento di un movimento nuovo, oltre che la capacità di controllare e modulare tale movimento (controllo motorio). Per esempio, imparare a tirare un calcio alto.
Le seconde implicano la capacità di saper combinare, adattare o trasformare il movimento precedentemente appreso. Nell’affinare la tecnica pugilistica, piuttosto che relativa ai calci o alle proiezioni, migliorano dunque le seguenti capacità coordinative specifiche:

  • Capacità di accoppiamento e combinazione dei movimenti: è ciò che permette di generare collegamenti tra i diversi movimenti, per esempio relativi agli arti superiori e inferiori mentre si tira una combinazione di colpi.
  • Capacità di equilibrio: è ciò che permette al corpo di mantenere la posizione desiderata. Essa si può a sua volta suddividere in:
    1. Capacità di equilibrio statico, quando il corpo è immobile.
    2. Capacità di equilibrio dinamico, quando il corpo è in movimento.
    3. Capacità di equilibrio di volo, quando il corpo non è in appoggio in alcun punto.
  • Capacità di orientamento: è ciò che permette al corpo di muoversi nello spazio e nel tempo, in relazione all’ambiente che lo circonda.
  • Capacità di ritmo: è ciò che consente di organizzare le azioni in modo che la sequenza motoria risultante sia più fluida possibile. Questa capacità consente anche di gestire correttamente il dispendio energetico, oltre che il tempismo.

Dopo aver appreso la tecnica si passa alla fase successiva: fare sparring nel ring. Ciò è un ottimo esercizio per maturare esperienza nel combattimento, metabolizzare i movimenti di base e allenarsi ad eseguirli contro un avversario assolutamente non collaborativo. Durante lo sparring l’individuo sviluppa le capacità coordinative più importanti, che gli consentiranno di convertire i movimenti appresi nei gesti più convenienti in un determinato istante. Questa abilità è dettata da altre tre capacità coordinative specifiche:

Capacità di coordinazione oculo-muscolare, Capacità di reazione e Capacità di trasformazione.

  • La coordinazione oculo-muscolare rappresenta la capacità di dosare i movimenti e la forza al fine di portare a successo un’azione: per esempio cercare di fare canestro, saltare un muretto, ecc… Nel nostro caso, ciò garantisce o preclude la possibilità di centrare il bersaglio che volevamo colpire: non di rado si osserva infatti, specialmente nei principianti, che buona parte dei pugni tirati va a vuoto, cioè mancano completamente il bersaglio per imprecisione oppure perché l’avversario è troppo distante. Migliorando la coordinazione oculo-muscolare si sceglierà più opportunamente quale colpo sferrare, in base alla posizione del corpo dell’avversario. Per esempio, se tiro una combinazione di jab e diretto ad un avversario che si è allontanato ad un metro e mezzo di distanza… ho fatto male i calcoli.
  • La capacità di reazione rappresenta la rapidità con cui rispondiamo ad uno stimolo esterno (input) esprimendo l’azione motoria (output) adatta alla situazione. Essa si può esprimere con la seguente relazione:

    TRM = TL + TA

    Dove

      • TRM: tempo della reazione motoria (dall’input al compimento del movimento)
      • TL: tempo di latenza (dallo stimolo esterno all’inizio della risposta motoria)
      • TA: tempo di azione (dall’inizio alla fine della risposta motoria; è il tempo del solo movimento)


    È possibile distinguere la capacità di reazione Semplice da quella Complessa a seconda della prevedibilità dello stimolo esterno:

    1. Nel primo caso lo stimolo è atteso e definito, quindi la reazione è molto più repentina (con un basso TL): per esempio, gli atleti alla linea di partenza dei 100m aspettano un solo input (lo start) e sanno che la loro risposta dovrà essere soltanto una sola (iniziare a correre). Tali abilità motorie sono definite ‘chiuse’, cioè vengono praticate senza imprevisti o adattamenti a fattori esterni che possono mutare lo scenario (chiuso, appunto, agli avvenimenti esterni). In questo caso si parla perciò di ‘closed skills’.
    2. Molto più complicato è possedere una buona capacità di reazione complessa, in cui lo stimolo è imprevisto e sconosciuto. Per esempio, durante un combattimento di kick boxing l’avversario potrebbe sferrare un qualunque pugno (Sinistro o Destro? Diretto o Gancio? Ecc.) oppure un qualunque calcio (Alto o Basso? Frontale o Circolare? Ecc.).
      Elaborare una reazione appropriata è conseguentemente molto più difficile e richiede più tempo (il TL infatti in questi casi è maggiore). Purtroppo però, mentre ci prendono a pugni abbiamo pochissimo tempo per comprendere come reagire, oppure ce li beccheremo tutti in faccia.
      Il combattimento è perciò un classico esempio di attività in cui sono richieste attività motorie ‘aperte’: l’individuo deve saper gestire una articolata attività neuro-psichica, con grande attenzione ambientale al fine di comprendere, progettare e anticipare le mosse dell’avversario. Si parla perciò di ‘open skills’. Dopo aver definito come si differenzi la capacità di reazione semplice da quella complessa risulta palese il motivo per cui fare sparring è essenziale; chi pratica Arti Marziali o difesa personale senza mai mettersi i guantoni e paradenti, senza mai fare qualche round di combattimento libero (e senza mai mettersi in gioco), deve essere consapevole che non migliorerà le proprie open skills ma soltanto quelle closed (come il centometrista che scatta allo start, in modo analogo chiunque può eseguire istantaneamente una tecnica, anche complicata, per parare un determinato tipo di pugno, se sa che l’avversario lo sta per tirare). Ma questo è un problema annoso, e purtroppo anche la mentalità di chi si allena o insegna in tal modo è altrettanto ‘closed’.
  • La capacità di trasformazione è strettamente correlata alla capacità di reazione complessa e proporzionale alla sensibilità acquisita. Tale capacità è necessaria, per esempio, per evitare di cadere nel ‘tranello’ di una finta l’avversario: in tale situazione non basta saper riconoscere il colpo iniziale (comunque inaspettato), ma è fondamentale anche interrompere e riprogrammare la parata che inizialmente si stava mettendo in atto.
    In tale processo il cervello inizialmente individua un problema e, a seguito di una rapida analisi in cui concorrono biunivocamente l’elaborazione mentale e la memoria, programma la soluzione ‘A’. Successivamente, durante la messa in pratica di tale soluzione, sarà necessaria una rielaborazione della risposta motoria e programmazione della nuova soluzione ‘B’.

Senza nulla togliere alle altre capacità coordinative, risulta evidente che le ultime tre complesse elencate (oculo-muscolare, reazione e trasformazione) siano in assoluto le più importanti e plausibilmente le uniche che, congiuntamente, consentano di sfuggire agli attacchi di un aggressore (che genera l’input da cui scaturisce l’azione successiva). Dopodiché, grazie alle altre capacità coordinative (accoppiamento e combinazione dei movimenti, equilibrio, ritmo, ecc) sarà possibile pestare per bene il malintenzionato con combo formidabili.

Affinare i riflessi e coordinare appropriate risposte motorie genera inoltre, nel tempo, un fenomeno importantissimo denominato riflesso condizionato, che è tutto ciò a cui un combattente deve ambire. Il riflesso condizionato non è altro che un automatismo che porta l’individuo ad eseguire un’azione involontaria come reazione ad un preciso stimolo esterno.
Tutti gli organismi viventi (umani ed animali) associano ad alcuni stimoli primari, denominati stimoli incondizionati (importanti dal punto di vista biologico/vitale), azioni predefinite e involontarie denominate risposte incondizionate (o comportamenti riflessi): per esempio, se all’improvviso sentiamo un forte rumore (stimolo incondizionato) istintivamente rivolgiamo lo sguardo verso la direzione da cui proviene per verificare cosa stia accadendo (comportamento riflesso). Un altro esempio può essere la chiusura degli occhi quando un insetto vola troppo vicino al nostro viso. Questo per garantire le massime probabilità di sopravvivenza, principalmente in epoca primitiva.
Tali tipi di riflessi sono definiti incondizionati in quanto innati nell’uomo: non necessitano di apprendimento e sono permanenti.
Ciò che bisogna sapere è che è possibile convertire queste risposte incondizionate in riflessi condizionati da precisi stimoli (denominati stimoli condizionati); lo stimolo condizionato è un input di per se neutro, ma che può far scattare un automatismo in chi lo recepisce. Un esempio di stimolo condizionato potrebbe essere il suono della campanella dei round di pugilato: è un suono che facilmente farà immaginare una scena di combattimento e automaticamente fa concentrare l’attenzione. Si potrà allo stesso modo, dopo aver assimilato nel tempo i movimenti, osservare un movimento dell’avversario e schivare automaticamente il pugno senza nemmeno pensare di farlo, piuttosto che deviare una coltellata che ci sta per colpire a tradimento.

Ecco quindi che lo sparring assume una ulteriore importanza, in quanto rappresenta proprio la fase di condizionamento dei riflessi. Più si combatte, maggiormente i riflessi si condizioneranno a causa del dolore provocato dalle botte che non riusciamo a parare: il nostro organismo associa infatti ad uno stimolo incondizionato (percezione di dolore) uno stimolo condizionato (il movimento effettuato dall’avversario) e da ciò nascerà la risposta condizionata (la prossima volta schiveremo quel colpo, anche senza bisogno di sentirne il dolore).
La risposta condizionata, o riflesso condizionato, necessità però di tempo per svilupparsi e soprattutto, ahimè, non è permanente e dunque è necessario continuare a praticare l’esercizio per mantenere la reattività acquisita.

Concludendo, vi diamo questo semplice consiglio: FATE TANTO SPARRING!


di Luca Arietti
Istruttore KMT