Come parte integrante di un corso di difesa personale, un buon istruttore è tenuto a informare i propri allievi in merito alle conseguenze a cui sarebbero esposti in una situazione di pericolo, non solo da un punto di vista fisico, ma anche da un punto di vista giuridico. Parlare di cosa prevede il nostro ordinamento giuridico in caso di difesa personale è un argomento di grande respiro che, per motivi di tempo e di spazio, non possiamo trattare interamente qui; cercheremo quindi di affrontare gli argomenti che ci interessano più direttamente in modo semplice e chiaro. Per approfondire le vostre conoscenze potete altresì fare riferimento a testi più completi (trattati di giurisprudenza, il Codice Civile etc…) e chiedere informazioni nelle opportune sedi (come gli uffici di Polizia)
Lo Stato Italiano ha istituito, come strumento a difesa del cittadino e delle leggi, le Forze di Polizia, quindi è a loro che i cittadini devono fare affidamento in qualsiasi situazione di pericolo o, più semplicemente, per chiedere consigli su come comportarsi in determinate situazioni. Nel caso in cui, nostro malgrado, ci dovessimo trovare in una situazione di pericolo, dobbiamo cercare il sistema più semplice e veloce per allontanarci e cercare di memorizzare quante più informazioni possibili (ad esempio la descrizione dell’aggressore, la cronologia dei fatti, la direzione presa dal malvivente etc…) e chiamare il prima possibile i numeri di pronto intervento 112 o 113, raccontando quanto siamo riusciti a ricordare. Per quanto riguarda la legislazione, riportiamo alcuni articoli contenuti nel Codice Penale. Sostanzialmente, questo volume contiene un complesso di norme giuridiche mediante le quali lo Stato stabilisce quali comportamenti non devono essere tenuti (definito quindi i reati) e quali sanzioni sono previste per chi li dovesse attuare (definendo quindi le pene).
Partiamo con alcuni articoli definiti “Cause di esclusione dal reato”, che descrivono tutti quei comportamenti che normalmente sono considerati reati ma che, in casi eccezionali espressamente previsti dalla legge, diventano leciti e sono esenti dalla pena.
Difesa legittima (art. 52 c.p.)
“Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui il primo al comma del presente articolo se taluno detiene legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo a difendere: a) la propria o altrui incolumità; …”
Per cui la legge legittima il diritto di difendere i nostri diritti e quelli degli altri, ma ci sono dei vincoli:
- Il pericolo attuale: quindi immediato, quando si è arrivati ad un punto in cui non è più possibile sottrarsi alla situazione di pericolo;
- L’aggressione ingiusta: s’intende quando qualcuno viola un nostro diritto o reca un offesa creando la situazione di pericolo;
- La difesa proporzionata: La difesa dev’essere proporzionata all’offesa, quindi ci dev’essere una proporzione fra il male minacciato e quello che l’aggredito potrebbe infliggere con un’azione. Non solo, il concetto di proporzione è applicato anche tra i mezzi a disposizione dell’aggredito e quelli usati (supponendo che noi siamo gli “aggrediti”);
La proporzionalità tra offesa e difesa è un concetto ricorrente in molti articoli del Codice Penale.
Con la Legge n. 59 del 13 febbraio del 2006 l’articolo 52 ha introdotto due nuovi commi:
“…b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di di ogni altro luogo ove venga esercitata attività commerciale, professionale o imprenditoriale.”
Il legislatore ha ipotizzato la situazione in cui qualcuno s’introduce all’interno di un’abitazione, oppure all’interno di un luogo privato, contro la volontà di chi ha diritto di escluderlo, oppure clandestinamente, o con l’inganno, oppure il fatto si svolge all’interno di un’attività commerciale/professionale. In questa occasione è possibile utilizzare l’arma legittimamente detenuta o altro mezzo a difendere, la propria o altrui incolumità, i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione. Fermo restando che in tutti i casi dev’essere applicato il concetto di proporzionalità, l’imminenza del pericolo e l’inevitabilità dell’uso delle armi come mezzo di difesa della propria o altrui incolumità, se legittimamente detenute.
Uso legittimo delle armi (art. 53 c.p.)
“Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona. La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza. La legge determina gli altri casi, nei quali è autorizzato l’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica.”.
L’uso delle armi o, più in generale, “della forza”, prevede l’esclusione della pena solo per i pubblici ufficiali appartenenti alle forze dell’Ordine, oppure a personale che per motivi di ufficio può portare armi senza licenza. Le condizioni per “legittimare l’uso delle armi o altro mezzo di coazione fisica” e sono:
- Adempiere ad un dovere d’ufficio: quindi chi compie l’azione è vincolato dal dovere impostogli dalla Legge o Autorità competente che ha impartito un ordine;
- Necessità di respingere una violenza, vincere una resistenza, impedire un delitto, un disastro, una rapina o un sequestro di persona;
- Il vincolo di proporzionalità, che comunque dev’essere scelto quello meno lesivo e venga graduato a seconda le esigenze del caso.
Al “comune cittadino” è riconosciuta solo se:
- è espressamente richiesto dal pubblico ufficiale;
- la richiesta è legittimata, quindi se esistono delle leggi che consentono al pubblico ufficiale di avvalersi dell’assistenza del comune cittadino;
Ovviamente se l’ordine è palesemente criminoso, non si può invocare “l’uso legittimo delle armi”, come giustificazione. Anzi, la responsabilità dell’azione ricade non solo su chi ha impartito l’ordine, ma anche su chi l’ha eseguito.
Stato di necessità (art. 54 c.p.)
“Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo.”
Quest’articolo consente a chi si trova in pericolo di poterne uscire commettendo un reato anche contro terzi; quindi, trattandosi di una causa di giustificazione che determina il sacrificio di innocenti, ha dei limiti rigorosissimi:
- chi commette il reato deve trovarsi in una situazione di pericolo tale dal non potervisi sottrarre, situazione che non si stata causata da egli stesso;
- la commissione del reato è assolutamente necessaria per salvarsi e proporzionata al pericolo;
Il Codice Penale ha previsto anche i casi in cui il comportamento di un soggetto vada oltre i presupposti di difesa.
Eccesso colposo (art. 55 c.p.)
”Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53, 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla Legge o dall’Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.”
Quando si fa un abuso del diritto di autodifesa, si commette un reato di tipo colposo (non intenzionale), a meno che durante gli accertamenti investigativi non emerga la volontarietà di commettere un reato, o altri elementi psicologici. Quando un individuo va oltre a quello che è considerato il diritto all’autodifesa, rischia di commettere un reato a tutti gli effetti. “I delitti contro la persona” sono un sistema di norme all’interno del Codice Penale, che hanno l’obbiettivo primario di tutelare il bene della vita e dell’incolumità fisica. In quest’occasione tratteremo solo alcuni articoli rivolti al “comune cittadino”; articoli che stabiliscono quali comportamenti sono considerati reato e quali pene sono previste.
Omicidio (art. 575 c.p.)
“Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.”
E’ un articolo molto semplice e volutamente generico, in quanto non entra in merito alla volontarietà del soggetto che commette l’omicidio (per quello ci sono degli appositi articoli, con attenuanti ed aggravanti).
Come abbiamo detto precedentemente quello che va a tutelare è la vita della persona.
Percosse (581 c.p.)
“Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a €309. Tale disposizione non si applica quando la legge considera violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.”
Questo articolo ha come oggetto la tutela dell’integrità fisica della persona.
Lesione personale (art. 582 c.p.)
“Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni, e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577, il delitto e punibile a querela della persona offesa.”
L’obbiettivo di questo articolo è quello di tutelare l’integrità psico-fisica della persona. Nel commettere questo tipo di reato dev’essere evidente la volontà dell’aggressore di causare una lesione, che può avere come conseguenza una malattia fisica o mentale. Per malattia fisica, oltre alle alterazione fisiche, vengono tenute in conto di escoriazioni, graffi e contusioni. Da qui la necessità di differenziare la tipologia della lesione aggravando la pena a secondo dell’entità.
Rissa (art. 588 c.p.)
“Chiunque partecipa ad una rissa è punito con una multa fino a €309,00. Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta lesione personale la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è la reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se la uccisione, o la lesione, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa.”
La legge vieta la rissa in ogni sua forma e tutela l’incolumità personale. Si può parlare di rissa quando alla “scazzottata” partecipano più di tre persone, coscienti di voler fare del male agli avversari e di difendersi dalle loro aggressioni. In caso di rissa la legittima difesa non è applicabile come causa di esclusione del reato; inoltre, l’attenuante della provocazione non è da prendere in considerazione in quanto tra i partecipanti della rissa la provocazione è reciproca. La pena è applicata a chiunque partecipi ad una rissa, non solo, ma se le conseguenze portano a lesioni o peggio alla morte di qualcuno, tutti quelli che vi hanno partecipato sono passibili delle conseguenze previste dalla legge, indipendentemente dalla colpa di ognuno.
Omicidio Colposo (art. 589 c.p.)
“Chiunque cagiona la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni… …Nel caso di morte di più persone, ovvero e di lesioni di una o più persone (852) si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma non può superare gli anni quindici.”
L’articolo viene riportato solo parzialmente, ma e sufficiente per capire che l’intento è quello di tutelare la vita da tutti quei casi o comportamenti che, in maniera involontaria, portano alla morte. In questi casi la legge è particolarmente severa: il soggetto che si macchia di questo reato è consapevole della condotta pericolosa (ad esempio: è alla guida di un veicolo in stato in ebbrezza), ma nonostante tutto persevera causando una lesione o la morte della vittima.
In conclusione, sapersi difendere è importante, ma lo è anche essere consapevoli della responsabilità della condotta personale, sia da un punto di vista civile che penale (nel caso di individui minorenni i responsabili sono i genitori o chi ne esercita la patria potestà). Nel caso di inesattezze o omissioni ci scusiamo fin da subito; ogni critica costruttiva può contribuire a migliorare il presente articolo ed è pertanto ben accetta! Condividere le conoscenze non fa altro che accrescere la nostra comunità.
di Alberto Arietti
Presidente KMT